venerdì 15 novembre 2013

Il Quadrato magico e la Pieve di Campiglia Marittima


Siamo nel cuore della Val di Cornia, a Campiglia Marittima. 
Nel colle prospiciente il borgo si trova la splendida Pieve di San Giovanni, al centro del cimitero monumentale.

Alle sue spalle, verso il mare, lo sguardo si spinge fino al promontorio di Populonia e all’isola d’Elba, mentre sul versante opposto si trova il borgo di Campiglia, sovrastato dalle possenti mura della Rocca.



La Pieve di San Giovanni a Campiglia Marittima


La Pieve, recentemente restaurata e indagata archeologicamente, risale alla seconda metà del XII secolo, anzi per la precisione al 1173, come testimonia un’iscrizione leggibile sul muro della facciata, che riporta anche il nome di un tale Matteo, architetto o responsabile dei lavori.

La semplicità architettonica dell’edificio, arricchita dalle incredibili sfumature di colore della pietra calcarea con il quale è costruito, fa risaltare i pochi elementi di decorazione architettonica, come l’arco bicromo e i due rosoni traforati della facciata.


Facciata della Pieve

Un'altra piccola perla di questo scrigno di bellezza è sicuramente il portale laterale. Qui, nell'architrave in marmo sono finemente scolpite scene di caccia al cinghiale che vogliono simboleggiare la sconfitta del male ad opera del Cristo.


La decorazione del portale laterale

Tuttavia, uno degli aspetti sicuramente più curiosi e affascinanti è rappresentato da un’iscrizione presente su una delle pareti esterne, appena sotto la falda del tetto.
Si tratta del famoso "Quadrato magico", ovvero una frase palindroma che rientra a pieno titolo tra le iscrizioni più enigmatiche della storia dell'epigrafia. 


Il Quadrato magico di Campiglia


Il testo, allineato su tre righe, contiene le seguenti parole:

                                            SATOR
                                            AREPO
                                            TENET
                                            OPERA
                                            ROTAS

Il Quadrato si ritrova in molti edifici d'Italia e d'Europa, e gli esemplari più antichi ad oggi conosciuti sono stati rinvenuti nella città di Pompei, sepolta dall'eruzione del Vesuvio dell'agosto del 79 d.C.

Chi tra gli studiosi ha creduto di vedere un'origine cristiana del simbolo ha ottenuto, dall'anagramma della frase, le parole Pater Noster ripetute due volte che possono incrociarsi al centro. Avanzerebbero inoltre due A e due O, ovvero due Alfa e due Omega, che potrebbero rappresentare l'Inizio e la Fine di tutto.

                                            


Nonostante il fascino e l'alone di mistero che questa iscrizione continua a racchiudere in sè, nessuno studioso è giunto ad ipotizzarne una traduzione di senso compiuto.
Forse proprio perchè non esiste....
Infatti, al di là delle possibili interpretazioni razionali, il Quadrato aveva assunto, nel corso del Medioevo, un senso apotropaico, come una formula, un vero e proprio scioglilingua, che difendeva gli uomini e le loro case da malattie, incendi e terremoti.

Contributo di Alessandro Fichera

lunedì 11 novembre 2013

Alfredo D'Andrade e il Borgo Medievale di Torino


È una vecchia immagine in bianco e nero, leggermente sgranata, e l’uomo ritratto ha una folta barba e baffi arricciati all’insù, come andava di moda all’epoca. 


Alfredo D'Andrade (da www.borgomedioevaletorino.it)

Siamo alla fine del 1800 e l’uomo della foto ha un nome che risuona importante per gli studiosi di Archeologia dell’Architettura. Era nato a Lisbona nel 1839 e si era trasferito a Genova nel 1854, abbandonando l’attività mercantile e dedicandosi alle arti figurative e all’architettura. Il suo nome era Alfredo Cesare Reis Freira de Andrade, meglio conosciuto come Alfredo D’Andrade, e dal suo eclettico interesse per le tematiche dell’architettura medievale, del restauro e della salvaguardia sarebbe nato il progetto del Borgo Medievale, un castello piemontese del XV secolo da realizzare in occasione dell’Esposizione Generale Italiana di Torino del 1884, sulle rive del fiume Po. 



Manifesto dell'Esposizione Generale Italiana in Torino 1884. 
Cromolitografia su disegno di Francesco Gamba.
(Archivio Storico Amma, Torino) da www.comune.torino.it


Un castello con le sue case, le sue botteghe e le sue attività artigianali, come il vasaio, la tessitrice, il falegname, il fabbro e la taverna.

Il 12 dicembre 1882 fu posata la prima pietra della Rocca e, circa 6 mesi dopo, fu la volta della prima pietra del Borgo. Il 27 aprile 1884, alla presenza di Umberto e Margherita di Savoia, fu inaugurato il Borgo.

Il progetto racchiudeva in sé, in maniera piuttosto anticipatoria per l’epoca, finalità di carattere didattico e di tutela del patrimonio storico-artistico e culturale del Piemonte e della Valle d’Aosta, oltre che un’attenzione molto forte per il patrimonio monumentale di epoca medievale.
La costruzione fu preceduta da una ricerca filologica molto scrupolosa e, al termine dei lavori, solo la Rocca e altre due abitazioni furono effettivamente costruite, mentre il resto era poco più di una scenografia teatrale.



Veduta della Rocca  (da www.pinterest.com/borgomedievalet/)

Il Borgo visse alterne vicende di fortuna di pubblico e di feroci critiche da parte di coloro che lo etichettarono come un “falso storico” o come un luna park del Medioevo. 

Per concludere un dato al quale forse dovremmo prestare attenzione. Stando ai dati riportati sul sito del Borgo, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso il sito divenne sede di manifestazioni culturali di vario tipo e oggi conta circa 500 mila visitatori l’anno, 50 mila dei quali si spingono anche nella zona a pagamento.

Perchè vi racconto questa storia? Mi ci sono imbattuto come archeologo specializzato nello studio delle Architetture medievali, quindi conoscitore dell'opera di D'Andrade, e come coordinatore del progetto Medioevo in corso.
Il progetto di D'Andrade era estremamente all'avanguardia per un'epoca in cui il Medioevo, e le sue fortificazioni, stentavano ancora a liberarsi da uno stereotipo di carattere neo-gotico. Ad oggi i nostri Parchi archeologici e i nostri Musei faticano ad attirare e coinvolgere il loro potenziale pubblico e in Italia non sono molti gli esperimenti di valorizzazione e promozione del patrimonio monumentale basati sulla ricostruzione filologica di contesti abitativi. Eppure i risultati in termini di coinvolgimento del pubblico parlano abbastanza chiaramente. Basti pensare ad esempio al successo del Castello di Guedelon in Francia di cui però vi parlerò un'altra volta.


Contributo di Alessandro Fichera