giovedì 30 gennaio 2014

Archeologia a Montieri. La "città dell'Argento".

Montieri è un piccolo borgo medievale situato in Provincia di Grosseto, nel cuore delle Colline Metallifere, zona legata sin dall’antichità a una forte vocazione mineraria per la presenza di importanti giacimenti metalliferi, soprattutto rame, argento e piombo.

Vista panoramica del borgo di Montieri.

Dall’autunno del 2012 gli archeologi di Coopera sono impegnati in un importate progetto: lo scavo del castello di Montieri
I montierini lo sanno bene perchè vedono spesso gli archeologi per le strade, con  la pioggia e con il sole, ma anche con la neve, e volentieri ci offrono il caffè e si fermano a parlare con noi! Non immaginate un castello abbandonato e diroccato, Montieri è un bellissimo borgo, ricco di torri e palazzi medievali ancora in piedi e abitato da tante persone interessate al nostro lavoro. E nell’anno Mille, Montieri era la “Città dell’argento”, uno dei castelli minerari più importanti del centro Italia, dove si estraeva e si lavorava l’argento per la coniazione delle monete.



Una delle case-torri del centro storico. Casa Biageschi.

L’occasione dello scavo è nata con la creazione della rete di teleriscaldamento nel paese che porterà il calore nelle case di tutti i montierini, abituati alle stufe ed alla legna. Tutte le strade e tutte le piazze, interne ed esterne alla cinta muraria medievale, verranno indagate, offrendoci un’opportunità unica di ricostruire la vita nel medioevo all’interno di questo importante castello.

Lo scavo di una delle trincee per gli impianti di teleriscaldamento.

Quando lo scavo sarà finito, forse già questa primavera, sarà il momento per noi di rivedere le foto scattate, i disegni fatti e riprendere in mano i nostri “appunti” presi sul cantiere, sulle schede che sono la base del lavoro dell’archeologo e si chiamano Unità Stratigrafiche e infine ricomporre “le storie” presenti nel sottosuolo di Montieri, fino ad oggi totalmente sconosciute.
E’ questa la complessità e la bellezza del nostro lavoro, dai dati del terreno facciamo emergere storie antiche sugli uomini che ci hanno preceduto e che abitavano mille anni fa le case ancora oggi abitate da chi ci offre il caffè.
E cosa potremmo fare di migliore che restituire a chi abita un paese la sua memoria storica e la consapevolezza che ognuno è chiamato a salvaguardare e conservare quello che ci è stato tramandato?

Anche sul Poggio di Montieri, che sovrasta il paese, abbiamo lavorato lungo un fosso che taglia in due il pendio, il fosso del Nebbiaio. Lì, abbiamo segnato sulle carte decine di attività umane, oggi sepolte nel bosco, avvenute per permettere gli importanti lavori di estrazione dell’argento, diretti dal Vescovo di Volterra e da nobili famiglie che vivevano proprio nel castello di Montieri.

Le case del borgo e, sullo sfondo, il Poggio di Montieri.



Contributo di Francesca Grassi.


giovedì 23 gennaio 2014

Istanbul e i suoi Musei

Siamo a Istanbul, crocevia di quanti mondi e di quanti imperi?
troppi per poterne parlare adesso… e infatti ne parlerò un’altra volta. Adesso vi racconto di un percorso forse meno usuale ma non meno importante per un archeologo o per un appassionato di arte e musei.

Mi trovavo per la prima volta in questa caotica e splendida città, in una grigia mattina di inizio anno e ho deciso di tuffarmi, con somma gioia della mia compagnia, in un dedalo di stanze e palazzi noti come Musei di Istanbul. Un luogo decisamente più tranquillo degli imperdibili ma affollati “classici” come Aya Sofia o la Moschea Blu.

Scrigno della storia dell’Archeologia, colmo delle più grandi meraviglie che qualsiasi archeologo o semplice appassionato possa sognare, dal sarcofago di Alessandro Magno


alla storia del sognatore che divenne un ricco mercante e scoprì Troia, meglio conosciuto con il nome di Heinrich Schliemann 


oltre a circa un milione di reperti provenienti da tutta l’Anatolia.

Siamo nei giardini esterni del Palazzo Topkapi, residenza storica dei sultani, con una splendida vista sul Bosforo e quello che mi accingo a visitare è uno dei più antichi Musei del mondo, espressamente costruito come tale, nel lontano 1891 da Osman Hamdi Bey, intellettuale e pionieristico curatore museale.


L’edificio più antico del complesso è il Chiosco piastrellato, commissionato dal sultano Mehmed II nel 1472, attualmente sede del Museo delle Ceramiche con pregevoli esempi delle celebri ceramiche Iznik, quelle stesse maioliche che decorano le più belle moschee della città.


Anche adesso, a distanza di giorni, ho parecchia difficoltà a scegliere quali siano stati i reperti che mi hanno emozionato di più, ma credo che, oltre al già citato sarcofago di Alessandro magno, i rilievi della Porta di Ishtar, fatti costruire da Nabucodonosor II per la città di Babilonia, siano qualcosa che ricorderò per parecchio tempo.


Certo gli allestimenti fanno anch’essi parte della storia della Musealizzazione ma davanti a certe meraviglie si può anche chiudere un occhio.

Quello che invece risalta per bellezze del racconto e modernità di allestimento è sicuramente la mostra aperta il 25 giugno scorso e destinata a chiudere il 24 gennaio prossimo.

Dietro questo accattivante titolo si nasconde la storia di un ambizioso progetto e di una delle scoperte più sensazionali dell’archeologia turca, chiaramente dopo la scoperta per eccellenza, quella della città di Troia.


Il progetto prevedeva la costruzione di un tunnel che collegasse, sotto lo stretto del Bosforo, due continenti, ma durante lo scavo hanno iniziato a prendere forma i resti del porto di Costantinopoli, che ritornava alla luce dopo secoli, sepolto da uno spesso deposito di argilla. Allo stesso tempo sono emerse tracce di un insediamento neolitico che ha permesso di retrodatare le prime occupazioni del sito dal 700 a.C., come si pensava fino a quel momento, a ben 8000 anni prima di Cristo.

La zona della città si chiama Yenikapi e le strutture portuali, distribuite su un’area di oltre 60 ettari, risalgono all’epoca dell’imperatore Teodosio II (401-450).

Ad oggi sono state riportati alla luce ben 37 relitti perfet­tamente conservati che testimoniano un importante passaggio tecnologico dalle costruzioni di epoca romana a quelle di epoca bizantina.
Secondo le interpretazioni degli archeologi una serie di forti mareggiate avrebbero coperto le imbarcazioni permettendo allo stesso tempo un eccezionale livello di conservazione. Spesso infatti il carico che le imbarcazioni trasportavano è stato trovato praticamente intatto pronto a raccontare l’entità degli scambi commerciali di un porto che all’epoca era tra i più importati del Mediterraneo.

I reperti esposti non sono tantissimi, e questo forse aiuta a concentrarsi sul racconto. 
Ho apprezzato molto un pannello di sintesi in relazione ai numeri del progetto. Quanti operai coinvolti, quanti camion di terra, quanti archeologi, restauratori, architetti…


E poi anche una postazione multimediale collegata a un grande schermo, quasi dimensioni cinema, dove i racconti prendevano forma. Potevi vedere nascere una barca di epoca romana o scoprire quanti relitti sono stati portati alla luce, in quale punto esatto e che tipo di carico trasportavano. Video moderni e di grande impatto per raccontare in maniera appassionante le più recenti scoperte di archeologia urbana di una capitale dalla grande storia come Istanbul.


Per concludere un patriottico moto di orgoglio a vedere come gli italiani quando vogliono sanno farsi apprezzare e riconoscere. Una delle mostre temporanee era organizzata da una delle città italiane finaliste tra le candidate a Capitale della Cultura 2019: Ravenna. La rinomata scuola di mosaici ha riprodotto alcune delle più belle superfici mosaicate della basiliche ravennati, portandole così in giro per il mondo. Complimenti e in bocca al lupo a Ravenna per la sua candidatura.


Contributo di  Alessandro Fichera