Siamo a Istanbul, crocevia
di quanti mondi e di quanti imperi?
troppi per poterne parlare adesso… e infatti ne parlerò un’altra volta. Adesso vi racconto di un percorso forse meno usuale ma non meno importante per un archeologo o per un appassionato di arte e musei.
troppi per poterne parlare adesso… e infatti ne parlerò un’altra volta. Adesso vi racconto di un percorso forse meno usuale ma non meno importante per un archeologo o per un appassionato di arte e musei.
Mi trovavo per la prima
volta in questa caotica e splendida città, in una grigia mattina di inizio anno
e ho deciso di tuffarmi, con somma gioia della mia compagnia, in un dedalo di
stanze e palazzi noti come Musei di Istanbul. Un luogo decisamente più
tranquillo degli imperdibili ma affollati “classici” come Aya Sofia o la
Moschea Blu.
Scrigno della storia
dell’Archeologia, colmo delle più grandi meraviglie che qualsiasi archeologo o
semplice appassionato possa sognare, dal sarcofago di Alessandro Magno
alla storia del sognatore che
divenne un ricco mercante e scoprì Troia, meglio conosciuto con il nome di Heinrich
Schliemann
oltre a circa un
milione di reperti provenienti da tutta l’Anatolia.
Siamo nei giardini esterni
del Palazzo Topkapi, residenza storica dei sultani, con una splendida vista sul
Bosforo e quello che mi accingo a visitare è uno dei più antichi Musei del
mondo, espressamente costruito come tale, nel lontano 1891 da Osman Hamdi Bey, intellettuale
e pionieristico curatore museale.
L’edificio più antico del
complesso è il Chiosco piastrellato, commissionato dal sultano Mehmed II nel
1472, attualmente sede del Museo delle Ceramiche con pregevoli esempi delle
celebri ceramiche Iznik, quelle stesse maioliche che decorano le più belle
moschee della città.
Anche adesso, a distanza di
giorni, ho parecchia difficoltà a scegliere quali siano stati i reperti che mi
hanno emozionato di più, ma credo che, oltre al già citato sarcofago di
Alessandro magno, i rilievi della Porta di Ishtar, fatti costruire da
Nabucodonosor II per la città di Babilonia, siano qualcosa che ricorderò per
parecchio tempo.
Certo gli allestimenti fanno
anch’essi parte della storia della Musealizzazione ma davanti a certe
meraviglie si può anche chiudere un occhio.
Quello che
invece risalta per bellezze del racconto e modernità di allestimento è
sicuramente la mostra aperta il 25 giugno scorso e destinata a chiudere il 24
gennaio prossimo.
Dietro
questo accattivante titolo si nasconde la storia di un ambizioso progetto e di
una delle scoperte più sensazionali dell’archeologia turca, chiaramente dopo la
scoperta per eccellenza, quella della città di Troia.
Il progetto prevedeva la
costruzione di un tunnel che collegasse, sotto lo stretto del Bosforo, due
continenti, ma durante lo scavo hanno iniziato a prendere forma i resti del porto
di Costantinopoli, che ritornava alla luce dopo secoli, sepolto da uno spesso
deposito di argilla. Allo stesso tempo sono emerse tracce di un insediamento
neolitico che ha permesso di retrodatare le prime occupazioni del sito dal 700
a.C., come si pensava fino a quel momento, a ben 8000 anni prima di Cristo.
La zona della città si
chiama Yenikapi e le strutture portuali, distribuite su un’area di oltre 60
ettari, risalgono all’epoca dell’imperatore Teodosio II (401-450).
Ad oggi sono state riportati
alla luce ben 37 relitti perfettamente conservati che testimoniano un
importante passaggio tecnologico dalle costruzioni di epoca romana a quelle di
epoca bizantina.
Secondo le interpretazioni
degli archeologi una serie di forti mareggiate avrebbero coperto le
imbarcazioni permettendo allo stesso tempo un eccezionale livello di
conservazione. Spesso infatti il carico che le imbarcazioni trasportavano è
stato trovato praticamente intatto pronto a raccontare l’entità degli
scambi commerciali di un porto che all’epoca era tra i più importati del
Mediterraneo.
I reperti esposti non sono
tantissimi, e questo forse aiuta a concentrarsi sul racconto.
Ho apprezzato molto un pannello di sintesi in relazione ai numeri del progetto. Quanti operai
coinvolti, quanti camion di terra, quanti archeologi, restauratori, architetti…
E poi anche una postazione
multimediale collegata a un grande schermo, quasi dimensioni cinema, dove i racconti
prendevano forma. Potevi vedere nascere una barca di epoca romana o scoprire quanti
relitti sono stati portati alla luce, in quale punto esatto e che tipo di
carico trasportavano. Video moderni e di grande impatto per raccontare in
maniera appassionante le più recenti scoperte di archeologia urbana di una
capitale dalla grande storia come Istanbul.
Per concludere un patriottico
moto di orgoglio a vedere come gli italiani quando vogliono sanno farsi
apprezzare e riconoscere. Una delle mostre temporanee era organizzata da una
delle città italiane finaliste tra le candidate a Capitale della Cultura 2019:
Ravenna. La rinomata scuola di mosaici ha riprodotto alcune delle più belle
superfici mosaicate della basiliche ravennati, portandole così in giro per il
mondo. Complimenti e in bocca al lupo a Ravenna per la sua candidatura.
Contributo di Alessandro Fichera
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